Damian Michal Heinisch con “45” è il vincitore del Mack First Book Awards 2020.
Nel suo libro racconta la storia della sua famiglia, tre generazioni di migrazioni forzate dalla guerra, dalla carestia economica, dal desiderio di trovare un sentimento identitario, mappate attraverso viaggi su rotaia da una parte all’altra dell’Europa.

Frammenti, evanescenze, paesaggi che scorrono sospesi tra passato e presente a confondere la memoria. L’aspetto materico delle immagini e la grana della pellicola rendono difficile riuscire a separare storie e luoghi e anzi trasformano la narrazione in un unico flusso, come se le immagini fossero catturate dal vetro del finestrino del treno. Ed è proprio cosi. Il bimbo della prima foto cammina tra le rotaie: una dichiarazione di intenti per il viaggio che verrà.

Tre flussi cronologici svolgono la narrazione partendo dall’anno 1945, in cui il nonno viene catturato e portato assieme ad altri compagni dall’Alta Slesia (attuale Polonia) in un campo di lavori forzati in Ucraina, luogo da cui non farà ritorno. Un diario immaginario e un campo di tombe anonime è quello che rimane. E proprio dall’Ucraina che Damian decide di partire per documentare il suo viaggio. Viaggia nel Paese per tredici giorni, otto mesi prima dello scoppio della rivoluzione a Kiew.

Scrive, intervistato da Objektiv Press: «At first I thought it was for me and my project as a photographer, but in the end I realized that it was for my grandfather, for my father and for my aunt. It was for all of us. I needed to understand the history of my family, and through that, to understand where I come from. In Debalzewe, the place where his unknown grave is – an authentic and beautiful graveyard – I chose one grave as his symbolic, final resting place. I left some red and white flowers there. And I called my father. When I heard his voice I felt something was changing and closing – in a positive way».

Un viaggio a ritroso nel tempo alla ricerca delle radici per scoprire che sono migranti a forma di rotaia. È il 1978 e il padre, spinto da necessità economiche, lascia Gliwice, la città natale, per emigrare nella Germania dell’Ovest. Nell’osservare questi percorsi mappando le traiettorie, Damian si rende conto che è la ferrovia la rete neuronale che trasporta la memoria delle sue radici. «The train window became the stage. In each of these countries, I used different photographic approaches and techniques, inspired by historical events».

Nel 2003 comincia il terzo flusso cronologico, iniziato con le immagini che cattura pensando al progetto. Dopo aver studiato Visual Arts alla Folkwang School di Essen, in Germania nel 2001 si trasferisce ad Oslo in Norvegia, dove attualmente lavora come docente alla Bilder Nordic School of Photography. Ucraina, Germania e Norvegia come una sorta di cabala il numero tre ritorna ricorrente.

Le immagini scorrono veloci, sono rese in forma di frammento e come frammento sono casuali, non perfettamente nitide perché costruite dalla memoria e impolverate dalla storia. Intorno alle figure, i luoghi: legnaie, pensiline di stazioni ferroviarie, fabbriche. Difficile dare un tempo e un’età alle immagini, perché le geografie dei luoghi e la grana della pellicola scalzano le coordinate temporali. 1945, 1978, 2003, le date svolgono il filo della matassa narrativa all’interno del libro, ciascuna con un proprio colore nelle pagine in cui il testo racconta le tre genie risolvendo il puzzle.
Al termine del viaggio vi sono 4.000 immagini a colori da selezionare e comporre in un libro: «I carefully investigated the possibilities of the fragmentation, comparing each image to the following contender. Here, I decided intuitively on the basis of visual association and memory, exploring the potential of those images that stick with us throughout our lives».

“45” non è un solo libro ma una serie di 4 volumi, un progetto a lungo termine sviluppato sul tema delle migrazioni che hanno coinvolto nel corso della storia e che tuttora coinvolgono individui alla ricerca del proprio spazio vitale, perché la storia insegna: «We need to see things as they were in order to see them as they are».

Il libro sul sito dell’autore.

Il Mack First Book Award 2020.