Mercoledì scorso 30 maggio, alla fondazione Stelline di Milano, il fotografo olandese Henk Wildschut ha presentato il suo libro Ville de Calais, vincitore del Prix di Livre al Festival di Arles nel 2017. Il libro documenta la “Giungla di Calais”, luogo di speranza per migliaia di migranti e rifugiati politici in attesa di poter raggiungere le coste inglesi. Una città informale ma realmente strutturata, con ristoranti, panetterie, barbieri, il necessario per una vita dignitosa all’interno di un luogo che non è segnato sulle mappe convenzionali. A cominciare dal 2005 e Henk Wildschut ha documentato una geografia fisica e politica del luogo confluita anche in uno straordinario volume autoprodotto disegnato da Robin Uleman. La “Giungla di Calais” è stata definitivamente smantellata nell’ottobre 2016. In Ville de Calais Wildschut non ci mostra immagini di degrado e nemmeno la violenza degli sgomberi della polizia (a parte la foto di un buldozer) ma fa vedere in che modo, quando il governo francese costruì una recinzione attorno al campo, gli abitanti si organizzarono in una condizione meno precaria sviluppando una vera e propria città provvisoria.

Qui un video del libro.

Durante l’incontro Hank, che tiene a precisare di non essere un fotoreporter ma un fotografo documentarista, ha parlato dei suoi progetti e del suo approccio alla fotografia. Nei suoi lavori si focalizza su aspetti dei temi che vuole approfondire piuttosto che sulle immagini di cronaca che normalmente appaiono sul circuito dei media.


Ha iniziato mostrando un lavoro, commissionato da Medici Senza Frontiere, realizzato in Pakistan dopo il terremoto del 2005: il suo intento non era realizzare immagini drammatiche o rappresentare le persone come vittime di una tragedia, ma mostrare come nei campi provassero a rimettersi in piedi. Pare che MSF non abbia apprezzato particolarmente il suo lavoro.

Phosphate invece è un lavoro sulle miniere di fosfati in Marocco, prodotti chimici destinati all’agricoltura; per realizzarlo ha collocato stampe in grande formato di coltivazioni europee proprio nelle miniere e nei luoghi in cui i fosfati vengono estratti, e le ha ri-fotografate; infine ha ri-fotografato nuovamente le immagini ottenute in Europa, in ambienti cittadini.

In Shelters ha fotografato i rifugi costruiti dai migranti in molte città del mondo, progetto che poi è confluito di fatto nel suo lavoro sulla “giungla di Calais”.

In Gardens infine mostra i giardini coltivati in vari campi profughi. Le piante coltivate in luoghi di fortuna sono un tema che ritorna molto frequentemente nei suoi lavori: alcune immagini ricordano il lavoro “Honk Hong Flora” di Michael Wolf, e forse anche il modo di raccontare la vita delle persone mostrando gli oggetti che costruiscono o usano per vivere e il modo in cui le persone si adattano a vivere in ambienti ostili è vicino alla poetica di Wolf.

 

Quindi il nostro consiglio di oggi è: Henk Wildschut, Ville de Calais